CADE IN OSPEDALE E MUORE…INFERMIERA IN TRIBUNALE
Riportiamo
per intero un articolo apparso su un quotidiano locale TusciaWeb, ci sembra che
lasci parecchio spazio a riflessioni riguardanti la nostra professione e le
enormi responsabilità accollateci dalla normativa vigente.
Cade
in ospedale e muore, un’infermiera davanti al GUP
Roma - Due
emorragie cerebrali dopo una caduta in ospedale. Morì così Patrizia Moneti,
viterbese di 49 anni, reduce da un trapianto di cuore che l’aveva
tenuta quattro mesi al San Camillo Forlanini di Roma. Entrò il 9 novembre
2014 e non uscì viva.
Il
pm Mario Ardigò ha chiesto il rinvio a giudizio di un’infermiera 43enne di
Latina del reparto in cui era ricoverata la donna, l’Unità operativa
complessa di Cardiologia – Centro trapianti di cuore. Omicidio colposo
l’ipotesi di reato, contestata all’infermiera dopo una serie di
accertamenti medico legali.
L’autopsia
confermò che la causa della morte, il 28 marzo 2015, due settimane dopo la
caduta, era stata un’emorragia cerebrale non operabile, dopo che la donna
aveva perso l’equilibrio e sbattuto la testa. Solo sotto i ferri, operandola
per l’emorragia cerebrale riscontrata dopo la tac, i medici scoprirono una
seconda emorragia non operabile.
La procura
contesta all’infermiera una condotta imprudente: la 49enne cadde alzandosi
dal letto per sedersi su una sedia e l’infermiera non l’avrebbe adeguatamente
sorretta.
Il
16 febbraio affronterà l’udienza preliminare davanti al gup del tribunale
di Roma.
FONTE:
TusciaWeb
Queste notizie fanno sempre molto rumore, riempiono le testate (anche la
nostra) e fanno parlare della nostra professione sempre in maniera denigrativa,
affibbiandoci un’immagine paradossalmente “da irresponsabili”. In questa
occasione però, lasciatemelo dire, l’articolo risulta un po’ scarno di
particolari! Non è chiaro per esempio se la collega fosse o no presente nella
stanza di degenza della paziente, o se la stessa paziente, data l’età (49
anni), fosse stata già mobilizzata altre volte, o avesse intrapreso un percorso
di riabilitazione che l’avesse portata a muoversi con sicurezza. Fatto certo è che
gli infermieri non possono stare accanto ad ogni paziente, ne servirebbero
tanti quanti sono i posti letto, ed altro fatto certo è che se un paziente
riesce ad alzarsi dal letto è giusto che lo faccia, anche senza l’aiuto del
personale sanitario (in questo caso incorreremmo comunque nella culpa in
vigilando). Altro discorso sarebbe invece se la collega, di sua spontanea
volontà, avesse mobilizzato la paziente senza valutare i rischi relativi alle
condizioni cliniche della stessa incorrendo nella colpa generica d’imprudenza. Insomma,
in qualunque situazione secondo la normativa attuale saremmo colpevoli…speriamo
solo che i Giudici siano talmente intelligenti da valutare caso per caso le
nostre responsabilità, altrimenti, prima o poi, dovranno spostare gli ospedali
nei carceri se vorranno infermieri!!!
La nostra professione è veramente … difficile!
RispondiEliminaQuello che mi sorprende è che gli Oss, davanti eventi simili, non siano “messi in mezzo”.
Nell'azienda dove lavoro è successo un fatto, molto meno grave di questo.
I parenti di un paziente hanno fatto denuncia per una frattura che, secondo loro, si sarebbe procurato durante la degenza ospedaliera.
La cosa che mi ha sorpreso è che il giudice ha voluto i nomi degli infermieri e non degli Oss.
Non voglio entrare in merito della vicenda ma è evidente che la movimentazione del paziente, per eseguire l'igiene, è eseguita dagli Oss, quindi anche loro dovrebbero essere parte in causa della vicenda... invece nulla.