Libera professione anche per gli infermieri
È un'opzione lavorativa che si sta ponendo da un tempo relativamente breve. A Modena la prima giornata dedicata al tema.
«La libera professione infermieristica può svolgere una funzione positiva nell'ambito della tutela pubblica della salute se persegue una logica di complementarietà e non di sostituzione». È chiara e netta la posizione di Tonino Aceti, coordinatore nazionale delle associazioni dei malati cronici-Cittadinanzattiva, così come l'ha espressa nel suo intervento alla prima giornata nazionale sulla libera professione infermieristica che si è svolta il 17 novembre a Modena per iniziativa della Federazione degli infermieri Ipasvi con la collaborazione dell'Enpapi, l'ente di previdenza della categoria. Ed é in sintonia con il filo rosso conduttore dell'intera manifestazione.
È innegabile che quella dell'infermiere sia stata - e sia tuttora - considerata una figura strettamente legata al mondo della dipendenza, sia essa nel settore pubblico piuttosto che nel privato. Tuttavia, da qualche tempo anche per gli infermieri si parla sempre più spesso di lavoro autonomo.
«Effettivamente é un fenomeno in espansione - conferma Annalisa Silvestro, presidente della Federazione degli infermieri - a cui guardano con interesse i nostri giovani professionisti e non solo per il blocco del turn over attivato in numerose Regioni, ma anche per uno specifico interesse. Evidentemente il giocarsi in proprio in un mercato del lavoro promettente attira molto più che in passato».
D'altronde, è vero che fino a non molto tempo fa chi sceglieva questa professione, pure quando non c'era ancora un corso di laurea specifico, non rifletteva su questa opzione anche perché non aveva praticamente alcuna difficoltà a trovare un impiego stabile (da dipendente a tempo indeterminato, appunto), spesso in una struttura assistenziale pubblica.
I tempi, però, cambiano. Oggi non è più tanto scontato che chi esce dall'università con una laurea in Infermieristica trovi subito la strada per un lavoro, più o meno stabile. Non solo: con i tempi cambiano anche le "culture". Ecco allora che tra i laureati in Infermieristica c'è chi ha cominciato a valutare l'ipotesi della libera professione a prescindere dall'impiego fisso: più difficoltà, probabilmente, ma almeno altrettanto probabilmente maggiore autonomia, più soddisfazioni professionali, magari meno stress e guadagni più consistenti. Non è detto che vada così, ma perchè non tentare? Visto anche che nel lavoro dipendente, pubblico o privato, i carichi di lavoro e le responsabilità connesse sono diventati molto pesanti a fronte di prospettive di soddisfazioni professionali e di guadagno per niente rosee (i contratti pubblici, per esempio, sono bloccati fino al 2014 e perciò di aumenti di stipendio non se ne parla proprio).
Peraltro, come ha sostenuto all'incontro di Modena Federico Spandonaro, docente di Economia sanitaria all'università romana di Tor Vergata, le dinamiche di contesto stanno prendendo una direzione lungo la quale è probabile che da un sistema assistenziale ispirato all'universialismo "assoluto" sarà giocoforza passare a un universalismo "selettivo". Insomma, per dirla in altre parole, non si potrà (ma già non si può nè si fa...) dare "tutto a tutti". Ecco perchè, secondo l'economista, «ben vengano tutte le soluzioni che stiano in una logica di sussidiarietà per ciò che il sistema sanitario pubblico non può più dare».
Sul principio di salvaguardia delle tutele per i cittadini fortemente invocato da Aceti ha convenuto senza incertezze la presidente Silvestro, richiamandosi anche agli orientamenti in merito dell'Unione europea e confermando nel contempo il pieno sostegno della Federazione a un esercizio libero professionale infermieristico che possa completare, integrare e rafforzare una specifica e peculiare modalitá di risposta ai bisogni della collettivitá e dei singoli cittadini.
«L'espansione dell'esercizio libero professionale infermieristico - ha rilevato la presidente Ipasvi - non è solo conseguente all'interesse dimostrato dal mercato del lavoro e non è nemmeno una conseguenza della ottenuta possibilità di inserimento nella sanità pubblica. È anche una scelta coerente con la maturazione della professione e con la consapevolezza dei professionisti infermieri della specificità e autonomia del loro pensiero e del loro agire dopo un ricco e puculiare percorso formativo accademico. Siamo convinti - ha concluso Silvestro - che l'esercizio libero professionale sarà valore aggiunto per la costante ridefinizione delle modalità e dei contenuti della risposta assistenziale infermieristica e per l'ulteriore crescita e visibilità del gruppo professionale».
«La libera professione infermieristica può svolgere una funzione positiva nell'ambito della tutela pubblica della salute se persegue una logica di complementarietà e non di sostituzione». È chiara e netta la posizione di Tonino Aceti, coordinatore nazionale delle associazioni dei malati cronici-Cittadinanzattiva, così come l'ha espressa nel suo intervento alla prima giornata nazionale sulla libera professione infermieristica che si è svolta il 17 novembre a Modena per iniziativa della Federazione degli infermieri Ipasvi con la collaborazione dell'Enpapi, l'ente di previdenza della categoria. Ed é in sintonia con il filo rosso conduttore dell'intera manifestazione.
È innegabile che quella dell'infermiere sia stata - e sia tuttora - considerata una figura strettamente legata al mondo della dipendenza, sia essa nel settore pubblico piuttosto che nel privato. Tuttavia, da qualche tempo anche per gli infermieri si parla sempre più spesso di lavoro autonomo.
«Effettivamente é un fenomeno in espansione - conferma Annalisa Silvestro, presidente della Federazione degli infermieri - a cui guardano con interesse i nostri giovani professionisti e non solo per il blocco del turn over attivato in numerose Regioni, ma anche per uno specifico interesse. Evidentemente il giocarsi in proprio in un mercato del lavoro promettente attira molto più che in passato».
D'altronde, è vero che fino a non molto tempo fa chi sceglieva questa professione, pure quando non c'era ancora un corso di laurea specifico, non rifletteva su questa opzione anche perché non aveva praticamente alcuna difficoltà a trovare un impiego stabile (da dipendente a tempo indeterminato, appunto), spesso in una struttura assistenziale pubblica.
I tempi, però, cambiano. Oggi non è più tanto scontato che chi esce dall'università con una laurea in Infermieristica trovi subito la strada per un lavoro, più o meno stabile. Non solo: con i tempi cambiano anche le "culture". Ecco allora che tra i laureati in Infermieristica c'è chi ha cominciato a valutare l'ipotesi della libera professione a prescindere dall'impiego fisso: più difficoltà, probabilmente, ma almeno altrettanto probabilmente maggiore autonomia, più soddisfazioni professionali, magari meno stress e guadagni più consistenti. Non è detto che vada così, ma perchè non tentare? Visto anche che nel lavoro dipendente, pubblico o privato, i carichi di lavoro e le responsabilità connesse sono diventati molto pesanti a fronte di prospettive di soddisfazioni professionali e di guadagno per niente rosee (i contratti pubblici, per esempio, sono bloccati fino al 2014 e perciò di aumenti di stipendio non se ne parla proprio).
Peraltro, come ha sostenuto all'incontro di Modena Federico Spandonaro, docente di Economia sanitaria all'università romana di Tor Vergata, le dinamiche di contesto stanno prendendo una direzione lungo la quale è probabile che da un sistema assistenziale ispirato all'universialismo "assoluto" sarà giocoforza passare a un universalismo "selettivo". Insomma, per dirla in altre parole, non si potrà (ma già non si può nè si fa...) dare "tutto a tutti". Ecco perchè, secondo l'economista, «ben vengano tutte le soluzioni che stiano in una logica di sussidiarietà per ciò che il sistema sanitario pubblico non può più dare».
Sul principio di salvaguardia delle tutele per i cittadini fortemente invocato da Aceti ha convenuto senza incertezze la presidente Silvestro, richiamandosi anche agli orientamenti in merito dell'Unione europea e confermando nel contempo il pieno sostegno della Federazione a un esercizio libero professionale infermieristico che possa completare, integrare e rafforzare una specifica e peculiare modalitá di risposta ai bisogni della collettivitá e dei singoli cittadini.
«L'espansione dell'esercizio libero professionale infermieristico - ha rilevato la presidente Ipasvi - non è solo conseguente all'interesse dimostrato dal mercato del lavoro e non è nemmeno una conseguenza della ottenuta possibilità di inserimento nella sanità pubblica. È anche una scelta coerente con la maturazione della professione e con la consapevolezza dei professionisti infermieri della specificità e autonomia del loro pensiero e del loro agire dopo un ricco e puculiare percorso formativo accademico. Siamo convinti - ha concluso Silvestro - che l'esercizio libero professionale sarà valore aggiunto per la costante ridefinizione delle modalità e dei contenuti della risposta assistenziale infermieristica e per l'ulteriore crescita e visibilità del gruppo professionale».
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