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Gli infermieri e il “Chi fa, che cosa, in sanità”

Un merito indiscutibile, la proposta Ministero-Regioni per la revisione delle competenze infermieristiche, ce l’ha: ha finalmente reso possibile un confronto senza rete tra le diverse professioni sanitarie. Ora è bene che si vada avanti


11 MAG - La proposta di revisione delle competenze infermieristiche, messa a punto da un pool di esperti e dirigenti del Ministero della Salute e delle Regioni, ha suscitato un dibattito straordinario che Quotidiano Sanità ha puntualmente registrato, ospitando tutte le osservazioni che ci sono pervenute in queste settimane.

Al di là del merito dei diversi pareri espressi, un dato penso sia incontestabile: la questione infermieristica è senza dubbio “bollente”. Lo è perché riguarda oltre 300 mila operatori e a cascata tutti gli altri 350 mila (medici e altre professioni sanitarie e non) che, in ogni caso, sono coinvolti in un processo ineludibile di trasformazione di ruoli e competenze in una sanità che cambia. Lo è perché l’infermiere del 2012 è lontano mille miglia dal suo omologo di soli 20 anni fa. Lo è perché la medicina e l’assistenza si sono profondamente innovate, sia nelle forme che nelle pratiche terapeutiche e assistenziali, a seguito dell’innovazione scientifica e tecnologica ma anche per rispondere adeguatamente al mutato quadro anagrafico-epidemiologico.
Ebbene, di fronte a questa questione “bollente”, le reazioni non potevano che essere altrettanto vivaci e differenziate. Colpisce infatti la molteplicità delle posizioni espresse all’indomani della presentazione del documento, anche all’interno delle stesse categorie professionali, e, naturalmente, tra una categoria all’altra.

Infermieri pro e infermieri contro. Lo stesso tra i medici e lo stesso tra le altre categorie intervenute. Se volessimo banalizzare, potremmo concludere che quando una proposta suscita tante reazioni opposte, forse è quella giusta, in grado di cogliere il “compromesso possibile”. Ma questa, per l’appunto, sarebbe una sintesi banale che sminuirebbe il problema. Il fatto è che, evidentemente, a fronte di una palese e universalmente riconosciuta necessità di riconsiderare il “chi fa che cosa” in sanità, il mondo professionale, tutto, non aveva fino ad oggi affrontato collettivamente la questione. Limitandosi ad elaborare “proprie” e “unilaterali” visioni di riforma, senza trovare modi e tempi per un confronto aperto, senza pregiudizi e pre-condizioni.

Il documento Ministero-Regioni ha avuto l’effetto, forse inconsapevole, di dare il via, finalmente, ad un confronto senza rete. Tra tutti i soggetti interessati. E sarebbe un vero peccato che, per mirare alla "Luna" (da una parte o dall’altra) ci ritrovassimo a far naufragare questo coraggioso tentativo di mettere comunque un punto fermo nell’innovazione delle competenze professionali in sanità, di cui, è bene ricordarlo, quelle infermieristiche rappresentano solo la prima tappa.

Cesare Fassari

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