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Mancano diecimila infermieri e nei reparti collette per la pulizia

Al Policlinico di Bari mancano seicento infermieri. Nella Asl di Lecce circa 130, ma entro la fine dell'anno si stima che ne andranno in pensione altri trecento. Agli Ospedali Riuniti di Foggia non si aggiorna la pianta organica da dieci anni, i reparti sono sguarniti nonostante turni di lavoro insostenibili. Quella degli infermieri è la madre di tutte le emergenze.

Un tema all'ordine del giorno anche nell'agenda politica. Non a caso proprio ieri sette parlamentari pugliesi hanno incontrato il presidente della Regione, Nichi Vendola, con l'assessore alla Sanità Ettore Attolini e i capigruppo di maggioranza e opposizione al Consiglio regionale insieme al presidente Onofrio Introna, per cercare una soluzione sui 280 dirigenti medici destabilizzati. Per loro una possibile soluzione sarebbe una legge in Parlamento, sul modello già utilizzato per i 561 dirigenti retrocessi della sanità pugliese.

Una collaborazione tra forze politiche che "sta facendo la differenza. Questa è una pagina bella di buona politica" ha affermato Vendola al termine dell'incontro. Una soluzione, invece, per l'emergenza infermieri sembra molto lontana. Non a caso nel rapporto tra numero di popolazione e numero di infermieri, la Puglia è all'ultimo posto insieme alla Calabria. In tutta la regione mancano circa diecimila unità. Ma è impossibile fare un calcolo più preciso perché manca una definizione del fabbisogno effettivo di infermieri negli ospedali. Così come manca un coordinamento tra Università e Regione per definire chiaramente il numero di nuovi laureati in scienze infermieristiche da sfornare ogni anno.

Nuovi infermieri costretti a fare le valigie e cercare un posto negli ospedali del Nord. Alla Asl di Bari stanno lavorando per cercare di quantificare il reale fabbisogno di personale degli ospedali baresi. Secondo i tecnici dell'azienda sanitaria in tutta la provincia mancano un centinaio di infermieri, ma per Pino Monno della Cgil Bari, si tratta di una cifra al ribasso: "La follia è che si sopperisce alla carenza di personale con il servizio di pronta disponibilità. Ma in casi di emergenza il personale deve stare sul posto".

Emergenza che non si ferma qui, visto che per sopperire alle carenze causate dal blocco del turnover, molti ospedali utilizzano personale a tempo determinato assunto presso le cooperative. È il caso dell'Oncologico di Bari, ma riguarda altri ospedali pubblici e strutture accreditate della città. Personale precario e sottopagato, che non assicura una continuità lavorativa. Il tutto a discapito degli infermieri stabili, costretti a fare formazione per i colleghi precari, e ovviamente per la qualità dei servizi ai pazienti. Alle carenze di personale si aggiunge la mancanza di detersivi.

Dieci euro a testa per comprare stracci e tutti i prodotti che servono per pulire la struttura del Giovanni XXIII di Bari. Da gennaio tirano avanti così gli ausiliari e una caposala dell'ospedale pediatrico per sopperire alla mancanza di materiale. "Un esempio? - denuncia Nicola Brescia, segretario regionale dell'Usppi - Con lo stesso straccio sono costretti prima a lavare a terra e poi l'armadio e il comodino del paziente". Il paradosso è che il Giovanni XXIII paga annualmente a una ditta esterna di pulizie quasi otto milioni di euro.

Scritto da Republica

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