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Letti aggiunti, file e ambulatori affollati

UDINE. Dai letti aggiunti alle ambulanze senza infermiere, dagli affollamenti negli ambulatori delle sale operatorie intasate alle carenze di personale: da mesi, i medici dell’Intersindacale lamentano una serie di criticità, e a loro si aggiungono gli infermieri che chiedono nuove assunzioni.

Oltre alle molte e innegabili eccellenze che l’ospedale Santa Maria della Misericordia vanta, ci sono settori in sofferenza dove il personale chiede interventi urgenti. Abbiamo così tentato di seguire la mappa delle criticità e delle carenze che più spesso vengono segnalate.

Letti. Una delle note dolenti nelle Medicine è la regolamentazione fra guardie e pronta disponibilità. C’è una separazione fra attività di guardia e reperibilità fra parte universitaria e ospedaliera: gli ospedalieri fanno la guardia a 219 posti letto, compresa la Pneumologia. In totale alle Medicine ve ne sono 78, altri 24 per posti acuti e 24 in Clinica medica, con altrettanti medici e un direttore di struttura.

L’afflusso di pazienti è massiccio tanto che in alcuni periodi c’è sovraccarico e si ovvia aggiungendo letti nonostante la circolare emessa dalla direzione lo vieti. Così nelle stanze di degenza i letti da 2 diventano 3, con seguente sovraccarico di lavoro. I medici nel tempo hanno accumulato dalle 100 alle 400 ore annue lavorate oltre l’orario e non pagate.

Le lunghe attese. Il problema principale alla piastra ambulatoriale riguarda le sale d’attesa gremite e le file ricorrenti per la Diabetologia e l’Oculistica, a volte anche la Chirurgia, come del resto in reparti come l’Urologia e l’Ortopedia di Cividale, dove all’ordinario si sommano le urgenze.

Per non parlare dell’esasperazione dei pazienti che approdano agli ambulatori dopo mesi di liste di attesa in Oculistica, Dermatologia o Urologia, specie da quando il servizio prima svolto dal Policlinico si è riversato sulla struttura ospedaliera. Criticità, quelle della piastra ambulatoriale, che devono tener conto anche del fatto che qui viene impiegata gran parte dell’aliquota di personale infermieristico, circa il 25%, cui viene riconosciuta un’inidoneità fisica.

Pazienti migranti. Il dipartimento di Chirurgia è una grande famiglia che ora comprende Chirurgia generale, Clinica chirurgica universitaria, Gastroenterologia, Urologia, Chirurgia vascolare, Ortopedia ospedaliera e Clinica ortopedica universitaria che hanno messo in comune infermieri e posti letto.

Così, in occasione degli ingressi urgenti, se i posti letto non sono sufficienti, il paziente viene dirottato su altre strutture del dipartimento per il principio di flessibilità. E finisce per migrare da un reparto all’altro per poi essere affidato a infermieri che solitamente si occupano di altre patologie.

Sale operatorie contese. Quanto agli interventi di urgenza, altro nucleo critico, la mattina è riservata alle attività operatorie programmate, pronte a saltare in caso di emergenza, le eventuali urgenze, poi, vengono spostate al pomeriggio o alla notte quando le sale operatorie sono libere. Ma a contendersele c’è un lungo elenco di specialisti, ciascuno con le proprie priorità.

Peccato che l’anestesista sia unico, e che se lo debbano contendere dalla Chirurgia generale all’Urologia, dalla Neurochirurgia alla Gastroenterologia, dall’Ortopedia alla Chirurgia vascolare. E così ai chirurghi e ai loro pazienti, tocca mettersi in fila come gli aerei sulla pista in attesa del via libera dalla torre di controllo per il decollo. Ciò va inquadrato in un’ottica di riduzione dei posti letto nel nuovo ospedale che, per i medici, potrebbe essere del 20%, per reparti che hanno un’occupazione dell’83-84%.

Un cambiamento destinato a generare nuovi stress se non governato da nuovi accordi per regolare i flussi con gli altri presidi sanitari sul territorio.

La trincea. Non è comunque facile lavorare nella trincea di quello che costituisce l’asse portante del sistema sanitario regionale. Al Pronto soccorso afferiscono quotidianamente 250 accessi e vi rimbalzano 340 chiamate del 118. E qui le carenze si fanno sentire, specie fra gli infermieri: al pronto soccorso ne mancano 3. In certe fasce orarie la sala d’aspetto si riempie di gente e se pur, nell’arco di un’ora viene garantita la presa in carico dei pazienti, questi ultimi, se non hanno codici d’urgenza, possono attendere anche 5 o 6 ore sulle barelle nei corridoi prima di essere destinati ai reparti.

Ambulanze solitarie. Più spinti i ritmi del personale al 118 dove di notte, per i codici bianchi o verdi (patologie meno gravi) l’ambulanza esce solo con l’autista e un volontario. Ma le carenze infermieristiche e degli operatori socio sanitari, si estendono ad altri reparti, dalle Chirurgie dove, come segnala il Nursind mancano 5 unità, alla Neurochiurgia dove ne mancano 3, Ortopedia 4 e dove gli oss da un anno fanno turni in quarta rientri mattina-notte, e le medicine dove il Nursind segnala la carenza di 5 unità a cui si aggiungono il media 150 ore da recuperare per infermiere.

di Alessandra Ceschia

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