Emilia-Romagna, infermieri in rivolta: "Non sostituiteci con le badanti"
Polemiche dopo una delibera della Regione che vuole insegnare a
familiari e collaboratori domestici alcune pratiche per i pazienti assistiti a
domicilio, tramite corsi di formazione. Il sindacato: "Novità
preoccupanti"
BOLOGNA - In Emilia-Romagna
familiari o badanti non possono sostituirsi agli infermieri professionali
nell'assistenza a domicilio dei malati cronici. Lo sostiene il Nursind,
sindacato delle professioni infermieristiche, che a fine maggio ha scritto
all'assessore regionale alla Salute, Carlo Lusenti e al ministro Beatrice
Lorenzin per chiedere di revocare la delibera che da Piacenza a Rimini consente
a personale "laico", come appunto ad esempio familiari e badanti, di
prestare cure a casa di chi soffre di malattie complesse. Sostituendosi di
fatto al personale sanitario. Un documento che ha scatenato l'ira dei collegi
degli infermieri (Ipasvi), che solo lungo la via Emilia rappresentano 33mila
professionisti. Mentre con una lettera al Quotidiano Sanità, pubblicata qualche
giorno fa, il leader nazionale del Nursind Andrea Bottega attacca: "Dire
che le badanti sono le nuove infermiere low cost non mi pare azzardato".
"Novità preoccupanti". La delibera della giunta Errani relativa appunto alle "indicazioni sui percorsi relativi alle pratiche assistenziali eseguite da personale laico su pazienti con malattie croniche, rare o con necessità assistenziali complesse", del 24 febbraio 2014, aprirebbe, secondo il Nursind, "possibilità nuove e preoccupanti" rispetto alle "competenze infermieristiche" e al "loro riconoscimento".
Corsi di formazione per le famiglie. Nel testo si fa riferimento a quali operazioni potrebbero essere eseguite da comuni cittadini (dall'inserimento dei cateteri venosi centrali alla somministrazione di farmaci). E si dà mandato alle Ausl di organizzare dei veri e proprio corsi di formazione da poche ore per imparare alcune pratiche. Fumo negli occhi per gli infermieri, che oggi hanno almeno una laurea triennale prima di esercitare la professione, e talvolta anche un master.
Attacca il centrodestra. Che farà dunque ora la Regione? Vogliono saperlo due consiglieri, Silvia Noè (Udc) e Andrea Leoni (Fi), autori di altrettante interrogazioni che rilanciano la tesi del Nursind. Tra le varie motivazioni che avrebbero portato il sindacato a chiedere alla giunta Errani un passo indietro, Noè segnala anche "la non competenza regionale nella definizione dei contenuti professionali infermieristici, la necessità di una valutazione professionale per l'attribuzione caso per caso a personale di supporto o caregiver, la non possibilità di devolvere a personale laico attività sanitarie riservate, l'incentivazione all'abusivismo su materie riservate".
"Novità preoccupanti". La delibera della giunta Errani relativa appunto alle "indicazioni sui percorsi relativi alle pratiche assistenziali eseguite da personale laico su pazienti con malattie croniche, rare o con necessità assistenziali complesse", del 24 febbraio 2014, aprirebbe, secondo il Nursind, "possibilità nuove e preoccupanti" rispetto alle "competenze infermieristiche" e al "loro riconoscimento".
Corsi di formazione per le famiglie. Nel testo si fa riferimento a quali operazioni potrebbero essere eseguite da comuni cittadini (dall'inserimento dei cateteri venosi centrali alla somministrazione di farmaci). E si dà mandato alle Ausl di organizzare dei veri e proprio corsi di formazione da poche ore per imparare alcune pratiche. Fumo negli occhi per gli infermieri, che oggi hanno almeno una laurea triennale prima di esercitare la professione, e talvolta anche un master.
Attacca il centrodestra. Che farà dunque ora la Regione? Vogliono saperlo due consiglieri, Silvia Noè (Udc) e Andrea Leoni (Fi), autori di altrettante interrogazioni che rilanciano la tesi del Nursind. Tra le varie motivazioni che avrebbero portato il sindacato a chiedere alla giunta Errani un passo indietro, Noè segnala anche "la non competenza regionale nella definizione dei contenuti professionali infermieristici, la necessità di una valutazione professionale per l'attribuzione caso per caso a personale di supporto o caregiver, la non possibilità di devolvere a personale laico attività sanitarie riservate, l'incentivazione all'abusivismo su materie riservate".
Fonte: www.bologna.repubblica.it
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