Da “care” a “case” manager, ecco l’identikit dei nuovi infermieri
Infermieri “facilitatori” dei processi organizzativi, “coordinatori” per la gestione delle risorse umane e “specialisti” per l’assistenza ospedaliera, ma anche per quella territoriale. Esperti con una forte propensione alla multidisciplinarità e allo svolgimento di attività integrate grazie all’interazione con altri professionisti. È questo l’identikit dei nuovi manager infermieristici messo a punto da uno studio “sul campo” condotto dal Cerismas-Centro di ricerche e studi in management sanitario dell’università Cattolica del Sacro Cuore, che ha visto il coinvolgimento di oltre 100 operatori.
Dalla ricerca – presentata oggi a Roma e resa possibile anche grazie alla collaborazione del Policlinico universitario “Agostino Gemelli”, dell’Ausl di Parma e dell’Istituto europeo di oncologia – sono emerse 17 figure infermieristiche emergenti, nove a livello ospedaliero e otto sul territorio, con un vero e proprio mix di caratteristiche e competenze. Un professionista, l’infermiere, con ruoli diversificati, inserito in un’organizzazione delle cure non più verticale, ma orizzontale, in grado di raccogliere tutte le migliori soluzioni possibili per soddisfare i bisogni degli assistiti.
Se a livello territoriale i ruoli si differenziano tra i “facilitatori di percorsi”, ovvero coloro che prendono fattivamente in carico il paziente, i “coordinatori”, dedicati in primis alla gestione del personale e i “professionali”, specialisti nel campo infermieristico, assistenziale e/o riabilitazione; a livello ospedaliero se sussiste la figura dell’angelo custode, il “care manager”, che guida il paziente nel percorso di cura, il “case manager” è incaricato di gestire il flusso dei pazienti ricoverati verso le strutture territoriali, mentre è il “bed manager” colui che gestisce i trasferimenti dall’emergenza all’interno dei reparti.
“In questo studio troviamo assonanza con ciò che diciamo ormai da anni, anche portando avanti il tema dell’evoluzione delle competenze infermieristiche – sottolinea Annalisa Silvestro, senatrice e presidente della Federazione dei Collegi Ipasvi – Nessuno è sopra a nessuno in Sanità, ma ci si coordina e ci si organizza a vantaggio del paziente. Le forme orizzontali di coordinamento dell’assistenza sono quelle che da anni proponiamo – prosegue Silvestro – e la ricerca mette in risalto che, anche grazie a queste, non solo si ottimizza l’organizzazione dei servizi e la qualità della prestazione, ma si esaltano i ruoli di tutti gli attori dell’assistenza. Ora tocca alle aziende – sottolinea – scegliere la via del cambiamento organizzativo per rendere più efficiente e appropriato il Servizio sanitario nazionale, specie sul territorio. E se la strada, come dice a chiare lettere lo studio Cerismas, è quella di un modello organizzativo orizzontale con il paziente al centro, governato dalle nuove figure infermieristiche, noi siamo pronti. La centralità della professione infermieristiche sia a livello di coordinamento per garantire l’efficienza delle ‘piattaforme’ tecnologiche e logistiche, sia per l’integrazione delle competenze nella gestione dei pazienti all’interno ai percorsi di diagnosi e cura con la presa in carico integrata e continua, in particolare, dei pazienti complessi sono i target per un’organizzazione che punti al futuro secondo la ricerca e sono anche i nostri obiettivi. Ed è per questo che vanno ridisegnate le relazioni tra medico e infermiere e gli altri professionisti sanitari, sia in ospedale che sul territorio”.
“La ricerca conferma l’emergere di nuovi ruoli organizzativi che interessano migliaia di infermieri in Italia e che ridisegnano le relazioni tra medico e infermiere, sia in ospedale che sul territorio – scrivono i ricercatori di Cerismas, coordinati dai professori della CattolicaStefano Baraldi e Americo Cicchetti – In particolare, lo sviluppo delle funzioni di coordinamento in ambito infermieristico si riverberano anche sul lavoro del medico che, come conseguenza, sembra poter recuperare in modo più pieno la dimensione professionale del proprio lavoro”. Lo studio è stato realizzato con il sostegno incondizionato di Fondazione Pfizer.
Fonte: aboutpharma.com
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