Sputi e insulti a un infermiere
Esattamente sette anni fa,
il 6 dicembre 2006, sputò in faccia a un infermiere del Pronto soccorso dell’ospedale
di Treviglio dove si era recata per una reazione allergica cutanea.
Ieri mattina una donna di
31 anni, attualmente residente a Sambuca Pistoiese, in Toscana, è stata
condannata dal tribunale di Bergamo a cinque mesi di reclusione (con pena sospesa)
e al pagamento delle spese processuali.
La trentunenne doveva
rispondere dell’accusa di ingiurie e interruzione di pubblico servizio: in
tribunale era presente il suo legale, mentre lei era assente. Presente anche
l’infermiere, oggi trentatreenne e residente ad Albano Sant’Alessandro, che non
si è però costituito parte civile (dunque non ha chiesto né ottenuto un
rimborso) ma che era semplicemente la parte lesa, avendo sporto nei confronti
della donna una denuncia.
«Sono davvero soddisfatto
per questa sentenza, che aspettavo da sei anni esatti – spiega l’infermiere,
oggi in servizio al nuovo ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo –: non l’ho
fatto per essere rimborsato, visto che non mi sono costituito parte civile, ma
solo per ottenere giustizia per un episodio davvero increscioso».
Ma cosa avvenne
esattamente sette anni fa? Quel giorno l’infermiere, allora ventiseienne, era
in servizio all’accettazione del Pronto soccorso dell’ospedale di Treviglio. A
un certo punto era giunta la donna con una reazione allergica cutanea.
L’infermiere le aveva assegnato un codice verde e l’aveva invitata ad aspettare
il proprio turno nel triage d’attesa. Prima di lei nello stesso ambulatorio
c’erano anche altri due pazienti, a ciascuno dei quali era stato assegnato un
codice giallo.
Passata circa un’ora, un
altro infermiere collega dell’allora ventiseienne all’accettazione, aveva
chiamato un altro codice verde in attesa: quest’ultimo si era presentato al
Pronto soccorso dell’ospedale di Treviglio dopo la donna con la reazione
allergica cutanea, ma era diretto all’ambulatorio chirurgico, dunque la sua
tipologia di visita era differente rispetto a quella della donna. Era stato in
quel momento che la paziente aveva cominciato a insultare l’infermiere
all’accettazione, minacciando lui e l’intera struttura ospedaliera. Dopodiché
aveva sputato dritto in faccia all’infermiere, allontanandosi senza più farsi
visitare.
L’infermiere non aveva
lasciato correre il grave episodio, anche perché si era verificato tra lo
sconcerto di altre persone presenti nel triage del Pronto soccorso trevigliese.
Così alcuni giorni dopo aveva fatto scattare la denuncia: si era presentato dai
carabinieri e aveva formalizzato la querela nei confronti della donna.
All’epoca l’infermiere era in servizio all’ospedale di Treviglio da tre anni e
mai gli era accaduta prima una cosa del genere. Né gli è fortunatamente
successa nemmeno in questi sette anni successivi.
«Noi infermieri cerchiamo
sempre di essere attenti alle esigenze degli altri e poi si verificano episodi
come questo – commenta l’infermiere –: dopo il fatto mi sono chiesto se valesse
la pena informare la gente, trattarla con gentilezza e prendersi cura dei suoi
problemi quando alla base delle relazioni esiste sempre e comunque un’aggressività
che tende ad annullare l’altro. Spesso egoismo e fretta fanno perdere di vista
i valori della convivenza. Sono davvero soddisfatto che la giustizia abbia
fatto il suo corso. Aspettavo questo giorno da sette anni».
Ieri mattina infatti il
giudice del tribunale di Bergamo Lucia Graziosi ha condannato in contumacia la
donna a 5 mesi di carcere.
io prendo insulti quasi ogni giorno in ambulatorio per disservizi vari non certo dovuti a noi infermieri, ma sempre di più le reazioni dell'utenza sono sproporzionate rispetto alla gravità dei fatti. In realtà c'è sempre più arroganza e maleducazione che va di pari passo alla ignoranza che caratterizza l'utenza di certi ambulatori asl dei nostri tempi. Colpa anche del pompaggio populista che appare tutti i giorni sui midia, a botte di "combattiamo la malasanità, facciamoci risarcire". Un mestiere il nostro che certo non è una missione e che certo non intraprenderei più. Da sconsigliare vivamente a chiunque
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