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Terapie Intensive: è tempo di aprirle alle visite di familiari


Le Terapie Intensive sono da sempre in Italia (e non solo! anche in molti altri Paesi) uno dei reparti di cura ospedalieri ad accesso limitatissimo. Fino a pochi anni fa, infatti, era diffusa la convinzione che questo tipo di pazienti, più soggetti di altri ad infezioni, dovessero essere tutelati dai contatti con l’esterno, anche se questo comportava una conseguente limitazione dei rapporti coi propri cari. Erano altri tempi, in nome della cura tutto era concesso.

Oggi non è più così: molte ricerche hanno dimostrato che i contatti con l’esterno non mettono in pericolo l’incolumità dei pazienti delle Terapie Intensive, non incrementano in altre parole l’incidenza di infezioni nei pazienti. L’accesso alle Terapie Intensive per familiari e visitatori non solo non è pericolosa per i pazienti, ma anzi è benefica sia per loro che per le famiglie. In particolare si è dimostrato che aprire le porte delle Terapie Intensive  non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo statisticamente significativo le complicanze cardio-vascolari quanto gli anxiety score, ovvero quei segni e sintomi che derivano direttamente dallo stress a cui sono costretti pazienti così isolati, se non addirittura segregati, come dice qualcuno. Lo dimostra il fatto che i pazienti con accanto i propri cari presentano indici ormonali di stress significativamente più bassi.

Un ulteriore effetto positivo è rappresentato dalla netta riduzione dell’ansia nei familiari. Ad esempio, madri di bambini ricoverati in Terapie Intensive aperte hanno indici di stress più contenuti di quelle di bambini nelle Terapie Intensive con accesso limitato.

A che punto siamo allora con questa apertura?
La letteratura internazionale di settore fornisce un quadro disomogeneo per quanto riguarda le visiting policies (le regole, cioè, che governano la presenza di familiari e visitatori) in Terapia Intensiva. I dati più recenti indicano che la percentuale di Terapie Intensive che non pone restrizioni alle visite sulle 24 ore è del 70% in Svezia, del 32% negli USA, del 23 % in Gran Bretagna, del 14 % in Olanda, del 7% in Francia e del 3,3 % in Belgio.

In base ai dati di due recenti studi, le Terapie Intensive italiane mantengono nel complesso visiting policies tra le più restrittive. Tuttavia, nel corso degli ultimi cinque anni si è verificato in Italia un piccolo ma non trascurabile cambiamento: la mediana delle ore giornaliere di visita è sostanzialmente raddoppiata (da 1 a 2 ore circa) e c’è stato un concreto aumento (dallo 0,4 al 2%) della percentuale di Terapie Intensive che consentono visite lungo tutte le 24 ore.
Nelle Terapie Intensive per adulti vengono attuate restrizioni sia sul numero dei visitatori (92% delle Terapie Intensive) sia sul tipo di visitatori (il 17% dei reparti ammette solo familiari stretti, il 69% non permette che i bambini facciano visite). 
Parte delle Terapie Intensive, inoltre, non modifica le proprie regole per l’acceso dei visitatori se il paziente ricoverato è un bambino (9%), né se il paziente sta morendo (21%). La quasi totalità delle TI impone ai visitatori l’utilizzo di indumenti protettivi (camice, soprascarpe, mascherina, guanti). Aspetto di particolare rilievo è il fatto che un quarto delle Terapie Intensive per adulti non ha una sala d’attesa per i familiari.

Per quanto riguarda le Terapie Intensive pediatriche italiane, attualmente le ore di visita sono in media cinque al giorno. Il 12% dei reparti non pone restrizioni nelle 24 ore alla presenza dei genitori, mentre il 59% non permette la presenza costante di un genitore nemmeno nelle ore diurne. Un terzo delle Terapie Intensive pediatriche, infine, non ha una sala d’attesa per i familiari.

In Italia anche le Terapie Intensive neonatali presentano visiting policies nel complesso piuttosto restrittive: solo il 30% di esse, ad esempio, consente l’ingresso ai genitori 24 ore al giorno (contro il 100% di quelle svedesi, danesi e inglesi, o il 71% di quelle francesi).

Un passo in avanti, dunque, verso il rispetto dei diritti dei pazienti e dei loro familiari, anche se come dimostrano i dati molto resta ancora da fare.

Per saperne di più:
Comitato Nazionale per la Bioetica, 24 Luglio 2013

Fonte: ipasvi
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1 commento:

  1. Ciao l'articolo è interessante, ma non si legge tutto,qualche problema nell'impaginazione.
    Se penso a quanta fatica e bisticci, per il numero dei familiari dentro la terapia intensiva....cerano giorni in cui ci barricavamo dentro per paura dell'assalto dei familiari.

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Grazie per il tuo commento. Quotidiano Infermieri

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