Infermieri sempre più simili ai medici
ROMA – “Infermieri sempre più simili ai medici” scrive Benedetta Pacelli per Italia Oggi: “Con più competenze e maggiore autonomia. Dopo l’ex ministro della salute Renato Balduzzi, ci riprova l’attuale titolare del dicastero Beatrice Lorenzin a rimettere mano alla ridefinizione dei profili delle professioni sanitarie per individuare quelle più strategiche per il Servizio sanitario nazionale e intervenire su competenze e specializzazione degli addetti ai lavori”.
L’articolo di Pacelli:
E data la peculiarità della professione infermieristica che più si avvicina a quella medica, il tavolo sul tema dell’«Implementazione delle competenze delle professioni sanitarie e introduzione delle specializzazioni», promosso dal ministero della salute, ha deciso proprio di partire da questa per implementare competenze e responsabilità. Immediata la reazione delle rappresentanze sindacali dei medici che puntano il dito contro gli «infermieri simil medici», ma anche il timore di categorie professionali affini preoccupate, comunque, che la rivisitazione delle competenze infermieristiche rischi di produrre effetti a cascata anche sugli altri operatori della sanità.
Il contesto. Ma la battaglia delle competenze non è nuova tra le due categorie. Già nel 2011 quando si avviò il dibattito in materia, l’ordine dei medici di Bologna aveva dichiarato guerra alla delibera della regione Toscana del «See and treat», un modello angloamericano di riorganizzazione sanitaria che abilitava gli infermieri a fare diagnosi per piccoli casi. Nel 2012 poi ci fu il documento che il ministero della salute stilò d’intesa con gli assessorati regionali della sanità per ridefinire le future competenze degli infermieri. Immediate le barricate della componente medica che ebbe la meglio e il progetto finì nel cassetto. A questo punto si riparte. La bozza di accordo tra il governo e le regioni «recante ridefinizione implementazione e approfondimento delle competenze e delle responsabilità professionali dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico» punta sì ad assegnare nuove competenze alla professione infermieristica ma anche a ridisegnare un nuovo rapporto medico-chirurgo. Il tutto parte da alcuni principi generali: l’aumento dell’età media della popolazione, associata all’evoluzione scientifica e tecnologica, richiedono cambiamenti assistenziali, organizzativi e formativi. E quindi anche di rivedere ruoli e competenze di tutti i professionisti del settore. Rivedere le competenze significa, come dice la bozza dell’accordo, modificare il «ruolo professionale» dell’infermiere e definire «una nuova autonomia e responsabilità professionale», con una potenziale differenziazione nei diversi contesti regionali e soprattutto attribuendo all’infermiere funzioni avanzate, in connessione con gli obiettivi di prevenzione, cura, assistenza e riabilitazione, previsti dalla programmazione sanitaria nazionale e regionale.
Le reazioni. Non si è fatta attendere la reazione dei sindacati della dirigenza medica e sanitaria che hanno inviato una lettera al ministro Lorenzin sottolineando «alcune criticità, oltre che sul piano dei rapporti con le altre professioni, quella medica in primis, anche sotto altri profili: normativo, giuridico, contrattuale». Le modifiche per i sindacati rappresentano «una legittimazione a esercitare, de facto, competenze proprie di altre categorie professionali, le quali dovrebbero essere definite parallelamente de jure» e con uno «specifico percorso legislativo, anche per evitare conflitti di ruoli e di responsabilità». In ogni caso, afferma Angelo Mastrillo, presidente dell’Associazione italiana dei tecnici di fisiopatologia ed esperto delle professioni sanitarie, «è logico che dopo vent’anni dall’emanazione della legislazione in materia ci sia un aggiornamento dei profili delle professioni sanitari. Mentre l’università ha galoppato sugli aggiornamenti continui, la salute per i profili professionali è statica da troppo tempo».
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RispondiEliminaSarà. Intanto però, non si capisce come mai, a un infermiere è precluso un master universitario di primo livello in Osteopatia. Permesso persino a podologi, igienisti dentali e tecnici di laboratorio biomedico. Osteopatia, che in Italia non è nemmeno riconosciuta in ambito pubblico.
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