Sentenza: Paziente esce dal reparto di notte, cade e muore. Condannatigli infermieri di turno.
Il Tribunale civile e penale di Torino composto da: Walter Maccario, Presidente; Giuseppe De Carolis, Giudice; Arianna Maffiodo, Giudice; ha pronunciato la seguente sentenza nella causa penale contro Cerantola Norma Carolina, nata a Loria il 27.3.1929, residente Torino; Giannetti Luigi, nato a Massa l'1.1.1947, residente Torino; Ceretti Bianca Margherita, nata a Borgo d'Ale il 31.10. 1925, residente Torino, imputati del reato di cui agli artt. 110 e 589 C.P. perché, in concorso tra loro, cagionavano, per colpa, cioè per negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline, la morte di Tuninetti Francesco, ricoverato presso l'istituto di Riposo per la Vecchiaia di Torino, dopo che Tuninetti cadde, nottetempo, entro una fossa esterna all'edificio e corrispondente all'intercapedine esistente tra l'edificio medesimo ed il giardino dell'Istituto.
In particolare, Cerantola, quale infermiera di turno, omise la sorveglianza necessaria ad evitare che il ricoverato, già in stato d'eccitazione da lei accertato, uscisse all'esterno dell'Istituto durante la notte e potesse, così, precipitare nella fossa, in cui fu poi da essa ritrovato, e perché non prestò subito, dopo il ritrovamento, la necessaria assistenza,neppur tentando di ripararlo dal freddo con qualche coperta, attesa la momentanea impossibilità di tirarlo fuori dal fossato da sola; Giannetti, quale infermiere delegato, chiamato in aiuto da Cerantola, omise l'assistenza necessaria per riparare dal freddoTuninetti, dopo aver invano tentato di farlo risalire dal fossato; Cerantola e Giannetti, essendo terminato il loro turno, lasciarono senza indugi il servizio, senza collaborare ulteriormente all'urgente opera di soccorso con l'infermiera del turno successivo Ceretti, ponendola, pertanto, nella necessità di dover chiedere da sola aiuto ad altri colleghi;Ceretti, quale infermiera di turno subentrante a Cerantola, omise le cure e l'assistenza necessaria a Tuninetti, dopo che il medesimo fu riportato all'interno dell'Istituto, in particolare lasciandolo per più di un'ora seduto su di una sedia, a fianco di un radiatore dell'impianto di riscaldamento, avvolto in una coperta, con i vestiti completamente bagnati, fino all'occasionale intervento di altra infermiera.
In Torino, il 13.1.1978, seguita la morte il 26.1.1978.
MOTIVI DELLA DECISIONEvyy.
In esito al dibattimento, sulle conclusioni del P.M. e dei difensori, come in atti, il Tribunale osserva:
Dall'inchiesta amministrativa e dall'istruttoria compiuta dal G.I. é emerso che, la notte del 13.1.78, nell'Istituto di Riposo per la Vecchiaia di C.so Unione Sovietica 220 di Torino, l'infermiera Cerantola, con turno di servizio dalle 22 alle 6, si accorse, verso le ore 4,45, che Tuninetti Francesco, ospite nel reparto 2/A dei cronici autosufficienti (che quella notte si era dimostrato molto irrequieto, tanto che la Cerantola aveva più volte dovuto rimetterlo nel letto), non era più nel suo letto.
Alle ore 5,20 circa, avendo inteso delle invocazioni di aiuto provenienti dal giardino, laCerantola trovò il Tuninetti in una fossa dell'intercapedine separante l'edificio dell'Istituto dal giardino. È stato accertato che la porta che dalla camera di Tuninetti consentiva il passaggio all'esterno non era chiusa a chiave e non lo era mai stata; che la Cerantolacercò la suora Garbin Elide al numero interno 52, senza trovarla e, subito dopo, richiese l'aiuto di Giannetti, infermiere addetto al reparto 5/A, il quale cercò inutilmente di trarre su dalla fossa Tuninetti; che, subentrate alle 6 l'infermiera Ceretti e conclusosi, quindi, il loro turno di servizio sia della Cerantola che di Giannetti, entrambi questi ultimi andarono via, lasciando Tuninetti nella fossa ed affidando la situazione alla Ceretti. Quest'ultima chiese l'aiuto degli infermieri Satta e Lavalle, addetti ad altri reparti, e costoro riuscirono a tirarfuori dalla fossa ed a riportare dentro Tuninetti tra le ore 6,20 e le 6,40, ora in cui Tuninettifu messo seduto accanto al radiatore dell'impianto di riscaldamento così com'era quale fu trovato nella fossa, cioè con i vestiti bagnati, perché quella notte pioveva e nevicava.
La perizia medico legale ha accertato che la morte del Tuninetti, intervenuta il 26.1.1978, fu dovuta a broncopolmonite, che ebbe discendenza causale univoca e diretta dalla perfrigerazione patita la notte sul 13.1.78, notte che era particolarmente fredda, con precipitazioni piovose e nevose. Non possono esservi dubbi in ordine alla responsabilità di tutti e tre gli imputati per il reato loro ascritto. Invero, il comportamento da essi tenuto la notte sul 13.1.78 fu sicuramente improntato a negligenza e pressapochismo e denota una notevole mancanza di sensibilità umana.
La Cerantola, pur essendosi accorta già alle 4,45 che il Tuninetti, che quella sera si era dimostrato particolarmente irrequieto, non era nel suo letto, anziché dare l'allarme per ricercarlo, lasciò passare ben 40 minuti, durante i quali non è dato sapere che cosa ella abbia fatto, prima di accorgersi, per aver inteso delle grida di aiuto provenienti dal giardino, che il vecchio era finito nell'intercapedine. A questo punto ella si limitò a chiamare telefonicamente la suora Garbin presso il reparto, ma, non avendola trovata, non si preoccupò di cercarla anche presso la casa conventuale, dove questa era reperibile dalle 5,30 in poi. Successivamente la Cerantola chiamò il portinaio, che era impegnato, e, infine, il Giannetti, il quale ultimo, dopo aver tentato inutilmente da solo di tirare fuori il Tuninetti dalla fossa, anziché darsi da fare, insieme con la Cerantola, per reperire qualcun altro che potesse aiutarli, pensò bene di andarsene via, insieme con laCerantola, perché il loro turno finiva alle 6, lasciando tutta la situazione nelle mani dell'infermiera Ceretti, sopraggiunta nel frattempo, in ciò dimostrando un disinteresse totale per le condizioni del vecchio ricoverato, esposto alla pioggia ed al gelo della notte.Né appaiono accettabili le giustificazioni addotte dagli imputati di aver «perso la testa», posto che il loro comportamento evidenzia che la loro unica preoccupazione era quella di non trattenersi neanche un minuto oltre l'orario in cui finiva il loro turno e di andarsene via di corsa scaricando sulle spalle di altri la responsabilità della situazione.
Quanto alla Ceretti, quando, finalmente, alle 6,40, grazie all'intervento degli infermieriSatta e Lavalle, in servizio presso altri reparti e chiamati dalla stessa Ceretti, il Tuninetti fu estratto dalla fossa e portato al coperto, zuppo per la pioggia, costei, anziché prendersi immediatamente cura del povero vecchio, togliendogli, quanto meno, gli abiti bagnati di dosso e mettendolo a letto al caldo, lo lasciò per almeno venti minuti seduto su di una sedia accanto al radiatore, bagnato com'era, senza nemmeno preoccuparsi di chiamare un medico per accertarsi delle sue condizioni, e soltanto alle 7 il Tuninetti fu pulito, medicato ad una gamba, dove aveva riportato una escoriazione nella caduta, cambiato integralmente di abiti e messo a letto dall'infermiera Ferrero, sopraggiunta nel frattempo.
Appare, pertanto, evidente la responsabilità di tutti e tre gli imputati in ordine al reato loro ascritto. Possono essere concesse a tutti le attenuanti generiche, in considerazione dell'incensuratezza. Appare, quindi, equo, considerati i criteri di cui all'art. 133 C.P.,condannare ciascuno degli imputati alla pena di mesi otto di reclusione e tutti, in solido, al pagamento delle spese processuali.
L'assenza di precedenti penali induce a concedere a tutti gli imputati i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
P.Q.M.
Visti gli artt. 403, 488 CPP.,
dichiara Cerantola Norma Carolina, Giannetti Luigi e Ceretti Bianca Margherita colpevoli del reato loro ascritto e, concesse a tutti le attenuanti generiche, li condanna alla pena di mesi otto di reclusione ciascuno e tutti, in solido, al pagamento delle spese processuali.
Visti gli artt. 163, 175 CP,
concede alla Cerantola, al Giannetti ed alla Ceretti i doppi benefici di legge.
Torino, 24.3.1983
Una sentenza del 1983...
RispondiEliminaSono cambiate tante cose da allora.
Non è cambiato proprio nulla! Un mio collega ha vissuto una storia simile 2 anni fa!
Eliminavero ...non è cambiato nulla...
EliminaMa perche inseriscono dei articoli dell 1978!! ma fate mi piacere!!!!!! Miseria!!!!!!
Eliminaper il loro misero attegiamento nel confronte del povero assistito la pena poteva essere molto piu alta...è non permetere piu di fare questo lavoro....
RispondiEliminama siete proprio sicuri che la galera sia il male peggiore?
RispondiEliminaMa NESSUNO parla della persona Mancata?
RispondiEliminaun po di rispetto anche per i parenti