Mancato godimento del riposo settimanale: sì al risarcimento per usura psicofisica
Consiglio di Stato , adunanza plenaria, sentenza 19.04.2013 n° 7
L’attribuzione patrimoniale rivendicata da un dipendente pubblico per danno da usura psicofisica, derivante dalla perdita del riposo settimanale, ha natura risarcitoria e non retributiva, non consistendo in una voce ordinaria o straordinaria della retribuzione da corrispondersi periodicamente e destinata a compensare l’eccedenza della prestazione lavorativa, bensì essendo diretta ad indennizzare ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. il lavoratore per il predetto danno correlato all’inadempimento contrattuale del datore di lavoro; pertanto, essa si prescrive nell’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 c.c., e non nel termine breve (quinquennale) di cui ai successivi artt. 2947, previsto per il risarcimento del danno aquiliano, e 2948, n. 4, previsto per i crediti.
E’ questo il principio di diritto stabilito dal Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria con la sentenza 19 aprile 2013, n. 7 in tema di risarcimento del danno derivante dalla perdita di risposo settimanale.
Infatti, secondo il Supremo Consesso nell’ipotesi in cui il dipendente pubblico chieda in giudizio il risarcimento per danno da usura psicofisica, deducendo che tale danno sia stato provocato dal frequente mancato godimento del riposo settimanale, reiterato nell’arco di un notevole periodo complessivo di tempo, senza che egli abbia fruito di riposo compensativo ed ancorché abbia percepito le previste maggiorazioni retributive per lo svolgimento di attività lavorativa in giorno festivo, deve ritenersi soddisfatto dal ricorrente l’onere di allegazione concernente sia l’oggetto della domanda che le circostanze costituenti il fatto-base su cui essa si fonda, sicché il giudice possa far ricorso alle presunzioni, basate sulle regole di esperienza, per ritenere provato il fatto-conseguenza del pregiudizio subìto dall’istante.
Nel caso di specie alcuni dipendenti di un’azienda di trasporto pubblico di passeggeri avevano proposto ricorso contro la stessa chiedendo il risarcimento del danno per aver prestato servizio in più occasioni e ai fini dell’assunzione anche nel giorno destinato al riposo settimanale. Ciò senza fruire dei riposi compensativi. Il TAR accoglieva il ricorso perché la prestazione di servizio in giorno festivo, pur a fronte di una maggiorazione della retribuzione ma non compensata con riposo in altro giorno, dà luogo a risarcimento del danno derivante dall’usura psicofisica, assistito da presunzione assoluta, e che per la pretesa di tale risarcimento, concernente danno derivante da inadempimento contrattuale di un obbligo non patrimoniale, opera la prescrizione decennale e non quella quinquennale, non vertendosi in materia di pagamento di somme periodicamente dovute.
L’azienda di trasporti proponeva appello contro la sentenza di primo grado, chiedendone la riforma in quanto era stato riconosciuto il risarcimento di un danno senza che il fatto fosse provato né con riferimento alla sussistenza né al nesso eziologico con la presunta attività usurante. Inoltre, trattandosi di un credito di lavoro, concernente il pagamento periodico di somme di denaro dovute a causa di un inadempimento, per l’appellante si doveva applicare il termine prescrizionale di cinque anni in luogo dei dieci ordinari.
Il Consiglio di Stato, sezione sesta, dopo aver rilevato l’esistenza di due orientamenti contrastanti in materia rimetteva la questione all’Adunanza plenari che risolveva la questione nel senso già indicato.
Fonte: ailf
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