Bari - L'infermiere: "Io picchiato selvaggiamente, non so se tornerò al mio lavoro"
Parla l'infermiere pestato a sangue durante l'orario di servizio: "Così non si può fare"
Dagli occhiali da sole spunta una benda, proprio sotto l'occhio. Ha le labbra gonfie e una ferita sul volto, oltre a diversi lividi sul corpo. "Lussazione dei denti, ferita lacero- zigomatica ed ecchimosi varie. In totale una prognosi di 30 giorni" elenca tutte le ferite. Parla piano l'infermiere picchiato venerdì mattina al pronto soccorso del Policlinico di Bari. Si è appena ripreso dallo shock del pestaggio. Accanto c'è sua moglie, anche lei infermiera al Policlinico. Sono tutti e due arrabbiati perché, ripetono, "lavorare così proprio non si può". L'omicidio della psichiatra Paola Labriola è successo solo poche ore prima e in ospedale sono ancora tutti scossi. Poi, venerdì la furia di un paziente è esplosa anche al pronto soccorso.
Cosa è successo esattamente venerdì mattina?
"Era arrivata un'altra paziente e io ho detto ai due giovani di cambiare ambulatorio e di aspettare, perché c'era una priorità. L'accompagnatore prima ha cominciato a insultarmi pesantemente, poi mi ha raggiunto fino al triage..."
Lì l'ha picchiata?
"Sì, prima uno, poi l'altro. In due. Non ho capito più niente. Ho avuto un annebbiamento".
Lei ha provato a reagire?
"Ho una divisa addosso, sono un sanitario io. Faccio l'infermiere e le curo le persone, non potevo reagire".
Cos'ha pensato in quel momento?
"Ho avuto paura. Sa, l'omicidio della psichiatra Paola Labriola è avvenuto proprio a pochi passi da casa mia madre".
È la prima volta che le capita una cosa del genere?
"No. Io lavoro al pronto soccorso del Policlinico da quasi dieci anni, dal 2004, e ne ho viste tante. Qualche mese fa un altro collega è stato picchiato. Un mese fa è toccato ad altri infermieri. A ognuno di noi è capitato qualcosa. Succede di continuo. Non siamo tutelati per niente dal punto di vista della sicurezza".
Cos'è che scatena le reazioni violente da parte dei pazienti?
"I tempi di attesa e le priorità. Non capiscono che noi, medici e infermieri, lavoriamo di continuo, e lo facciamo per loro. Non è che si può venire al pronto soccorso e pretendere di aspettare solo cinque minuti, soprattutto quando ci sono urgenze da gestire. La gente ha bisogno di noi e ci deve rispettare".
Adesso cosa farà? Tornerà a lavoro tra un mese quando si rimetterà?
"Se torno... non lo so. Non si può lavorare così, non c'è sicurezza, non si può lavorare così. Non ci sentiamo protetti. Anche mia moglie lavora al pronto soccorso, anche lei è infermiera, ma venerdì mattina non era in servizio, quando l'ha saputo è corsa qui preoccupatissima".
È un lavoro in prima linea il vostro.
"Sì, è vero, io devo lavorare come se facessi parte delle forze dell'ordine: mi devo alzare la mattina, fare il segno della croce prima di uscire di casa e pregare che non mi succeda niente. E soprattutto sperare di tornare a casa".
Cosa chiedete?
"Vogliamo più sicurezza. Non dobbiamo aspettare che succedano questi episodi perché la direzione sanitaria si muova".
di FRANCESCA RUSSI
Fonte: Bari la repubblica
COME MAI ADIACENTE AL PRONTO SOCCORSO NON CI SONO AGENTI??? O PER LO MENO POTEVANO ESSERE CHIAMATI.
RispondiElimina