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Infermieri e O.S.S. Due profili a confronto


La carenza degli infermieri ha portato negli ultimi venti anni  all’istituzione delle cosiddette figure di supporto, che già oggi possiamo dire avere una loro storia.
La prima figura di supporto secondo il DPR n° 384/90 è l’operatore tecnico addetto all’assistenza ( OTA). Questa figura utilizzata all’interno delle unità operative in collaborazione con l’infermiere trova un’evoluzione attraverso il provvedimento della conferenza stato regioni del 22 febbraio 2001.
La figura OTA con il D. lgs. 229/99 viene considerata figura ad esaurimento e sostituita dalla conferenza suddetta con la figura dell’operatore socio sanitario ( OSS), unica figura di supporto sanitario e sociale dal già citato provvedimento normativo.
Viene specificato che l’operatore di supporto svolge la propria attività “ su indicazione degli operatori professionali preposti all’assistenza sanitaria e a quella sociale”.Svolge quindi un’attività “ su indicazione” . (McGraw-Hill, Gli aspetti giuridici della professione infermieristica, L. Benci pag. 109, terza ed.).
Questa nuova figura professionale è caratterizzata da un’estrema indeterminatezza sia nella formazione, che nelle funzioni, essendo state attribuite alle Regioni e alle Province Autonome la titolarità della formazione. Le Regioni con riferimento all’organizzazione didattica prevista dalla Conferenza hanno autonomamente strutturato il percorso formativo.
L’OSS nasce come operatore di supporto all’assistenza sanitaria più che come operatore dell’assistenza infermieristica, il suo impiego però è prevalentemente rivolto al supporto infermieristico ed è proprio su questo impiego che nascono le problematiche che esamineremo nel corso di questa analisi.
Da un punto di vista generale la responsabilità per la corretta gestione dell’assistenza è in mano alla figura infermieristica come dispone il DM 739/94 art.1.
L’infermiere quindi, nel momento in cui utilizza l’OSS nell’ambito assistenziale, gli “attribuisce un incarico” di cui lui è il diretto responsabile. Su tale attribuzione vertono i conflitti di responsabilità tra infermieri ed OSS.
Nel profilo dell’OSS si definiscono infatti gli ambiti in cui detto operatore è autonomo e risponde del suo operato e quelli in cui la responsabilità è dell’infermiere nel caso in cui vi è una attribuzione dei compiti.
Analizzeremo qui di seguito le norme e le leggi a cui si fa riferimento per identificare i profili professionali e le responsabilità delle figure coinvolte nell’analisi.
Sia l’infermiere che l’OSS posseggono un profilo professionale ma, ad un primo colpo d’occhio, si può notare subito una differenza  di tipo legislativo, quello dell’infermiere nasce da un Decreto Ministeriale il 739 del 1994, mentre quello dell’OSS nasce da un accordo stato regioni ( Provvedimento del 22/02/2001).
Analizzando il profilo professionale dell’OSS nell’Art 1 si può notare la  differenza formativa (diploma di laurea per l’infermiere, attestato di qualifica per l’OSS) e lo “spessore” della formazione (universitaria contro regionale), infatti per conseguire il titolo di  Operatore Socio Sanitario è richiesta la scuola dell’obbligo (3° media) e compimento del 17° anno di età.
La professione infermieristica è definita come intellettuale ( iscrizione all’albo, diploma universitario abilitante) Art. 2229 C.C. – La legge determina le professioni intellettuali (la professione infermieristica rientra tra queste) per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi.
 L’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente. L’Operatore Socio Sanitario non ha una vera e propria legge che inquadra il suo profilo professionale, ma come  abbiamo già detto  un’ accordo tra Stato e Regioni.
L’infermiere  è il responsabile dell’assistenza generale infermieristica, e non a caso la parola responsabilità appare numerose volte nel codice deontologico dell’infermiere, mentre l’operatore socio sanitario svolge le sue funzioni in collaborazione con gli altri operatori professionali per soddisfare i bisogni primari e favorire il benessere e l’autonomia dell’utente ( Art.1  Provvedimento Conferenza Stato Regioni 22/02/2002)
Essere responsabili dell’assistenza generale infermieristica significa, che il professionista è portatore di una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti affidati alle sue cure (Art. 1176  C.C. “ …usare la diligenza del buon padre di famiglia”) ed in particolare sono portatori di quella posizione di garanzia che va sotto il nome di posizione di protezione, la quale è contrassegnata da un dovere giuridico. Detto dovere affida all’infermiere la responsabilità  di provvedere alla tutela  di quel bene così detto  giuridico contro qualsivoglia pericolo, atto a minacciare l’integrità del malato.
Gli infermieri come i medici sono portatori di una posizione di garanzia nei confronti del paziente ed hanno il dovere di eseguire tutte le disposizioni necessarie per assicurare la tutela della salute, come ha avuto modo di confermare la corte di cassazione con la sentenza n° 9638/2000.
Da un punto di vista generale, la responsabilità per la corretta gestione dell’assistenza, è saldamente in mano al personale infermieristico, nonostante  che la figura  dell’OSS sia dotata di discreta autonomia operativa, infatti nel profilo non viene indicata in maniera specifica nessuna forma di dipendenza dall’infermiere responsabile del turno.
L’ operatore socio sanitario ha però un ambito di autonomia pur svolgendo la sua attività “su indicazione” degli operatori preposti all’assistenza sanitaria e sociale.
L’eventuale colpa, da cui potrebbe derivare all’infermiere un addebito di corresponsabilità per il fatto commesso dall’operatore di supporto, può essere individuata  come colpa nell’attribuzione di mansioni, in altre parole, l’infermiere potrebbe aver sbagliato nell’individuare l’oggetto dell’assegnazione di compiti, oppure l’infermiere potrebbe commettere un errore nella scelta del destinatario della delega: la culpa in eligendo, ”(ex articolo 2049 del Codice Civile di derivazione dal codice di diritto Romano), cioè la scelta sbagliata.
La responsabilità dell’infermiere potrebbe essere una responsabilità dovuta a colpa nella sorveglianza sull’operato del destinatario della delega stessa: la culpa in vigilando. Ad esempio, sarebbe sicuramente colposo il comportamento dell’infermiere che affida compiti all’OSS non previsti dal proprio profilo, potrebbe trattarsi  di compiti che l’infermiere dovrebbe svolgere personalmente, cioè compiti infermieristici e come tali non affidabili ad altri soggetti non professionisti ( inserimento di catetere vescicale, prelievo venoso,  bronco-aspirazione, ecc).
Altro caso può essere l’assegnazione di compiti all’OSS senza aver valutato le conseguenze del suo agire.
 Per questo motivo l’infermiere deve attribuire i compiti in base al criterio della bassa discrezionalità e dell’alta riproducibilità della tecnica utilizzata, sempre che il compito assegnato all’OSS sia compreso nelle attività attribuibili, e che sono definite nella conferenza Stato Regioni nell’allegato B. L’assegnazione di un compito, infatti,  è un processo che consta di una serie di valutazioni e dall’esito di tali valutazioni l’infermiere  potrà decidere se attribuirlo o meno.
Quindi l’infermiere dovrà valutare: che cosa assegnare, per chi assegnare, perché assegnare, a chi assegnare, dove assegnare ( in ospedale, in rsa.) e quale risultato vorrà ottenere.
Il che cosa assegnare potrà significare, ad esempio che l’infermiere dovrà saper valutare quali compiti di carattere esecutivo potranno essere svolti da altri operatori, senza danni per il paziente, ricordandosi che non potrà mai delegare funzioni specifiche del proprio profilo professionale e che, in ogni caso, manterrà sempre la responsabilità del processo assistenziale.
Per chi assegnare significherà che sarà importante individuare il paziente oggetto dell’attività assegnata. Una cosa è rilevare i parametri vitali ad un paziente stabile, altra è delegare la rilevazione di detti parametri ad un paziente con un’emorragia in atto in cui è necessaria la valutazione da parte di un professionista in grado di pianificare gli interventi successivi.
Il perché  assegnare è fondamentale, in quanto permette di individuare l’obiettivo e lo scopo del processo di assegnazione. Ad esempio se l’obiettivo è l’igiene personale del paziente allettato, l’infermiere potrà assegnare tale attività ad un operatore di supporto, ma se tale attività è l’occasione di valutare lo stato della cute del paziente, l’igiene dovrà essere effettuata da una persona che sappia interpretare le possibili alterazioni cutanee.
Anche il dove ovvero il contesto clinico ha la sua importanza. C’è sicuramente differenza  tra un atto affidato in una terapia intensiva, in una lungodegenza o nelle assistenze domiciliari,  dove i tempi della supervisione e del controllo sono diversi.
chi assegnare i compiti è la scelta che l’infermiere può attuare nell’assegnare un compito ad un OSS con esperienza, rispetto ad  un OSS che ha iniziato il suo percorso lavorativo da poco.
In ogni caso l’infermiere manterrà sempre la responsabilità del processo assistenziale in tutte le sue fasi, dall’individuazione dei bisogni di assistenza della persona, alla pianificazione, alla gestione, alla valutazione del suo intervento, sino alla decisione di inserire o meno, nel suo contesto operativo l’opera del personale di supporto.
L’infermiere è passato dal prestare assistenza al medico al prestare assistenza al paziente, quindi a rispondere al paziente; l’operatore di supporto invece sarà chiamato a prestare assistenza all’infermiere e quindi a rispondere a quest’ultimo.
Va ricordato che all’infermiere è attribuita una responsabilità mentre all’operatore di supporto sono attribuite unicamente delle mansioni. L’integrazione tra le due figure è necessaria  per garantire la centralità della persona nell’assistenza sanitaria.
Così l’integrazione dell’OSS, nei vari ambiti lavorativi, diviene fondamentale qualora non si voglia perdere di vista l’obiettivo dell’esercizio professionale, ovvero la tutela della salute della persona.
A questo punto l’infermiere avrà due compiti: quello di formare queste figure e quello di inserirle nell’organizzazione attraverso, protocolli, procedure scritte e supervisioni.
In alcuni casi hanno già provveduto le Regioni come ad esempio l’Emilia Romagna, che ha specificato nel piano formativo che l’OSS esegue “medicazioni  piatte” da effettuarsi “secondo protocollo assegnato”. ( Delibera Giunta Regionale Emilia Romagna n 1404/2000).
Sarà necessario poi preparare gli infermieri attraverso corsi di formazione che permettano loro di conoscere la figura professionale dell’OSS, il suo profilo, le sue principali attività, le competenze e gli ambiti di responsabilità, affinché acquisiscano la consapevolezza dei compiti attribuiti a queste figure.
Facendo quindi buon uso dello strumento dell’assegnazione dei compiti l’infermiere potrà riappropriarsi dei suoi spazi professionali, dei suoi tempi di lavoro evitando così uno sconfinamento di competenze da ambo le parti.
Una buona comunicazione è alla base di qualsiasi collaborazione multi-professionale, pertanto diviene indispensabile abbattere le barriere tra operatori sanitari.
Una maggiore interazione tra gli operatori coinvolti con la creazione di dinamiche di collaborazione e di progettazione condivisa, consente di accrescere il senso di appartenenza al gruppo di lavoro e migliorare la qualità dei servizi.
Come detto sopra, l’OSS è un operatore di supporto all’assistenza sanitaria e non prettamente infermieristica, per cui sarà utile attuare nelle unità operative dei piani di lavoro per queste figure, dove sarà specificato quali sono le attività che gli competono e che potrà quindi fare in autonomia e quali sono le attività in cui dovrà collaborare con gli altri operatori (medici, infermieri, fisioterapisti, dietisti etc etc …). Ovviamente i piani di lavoro si adatteranno ai bisogni delle unità operative.
 Sarà, quindi, necessario che i piani di lavoro siano formulati all’interno delle U.O. e che vengano fatti conoscere a tutti gli operatori che  vi verranno assegnati.
Sarà necessario aggiornare i piani di lavoro annualmente, in modo da razionalizzare l’assistenza, analizzando le esigenze dell’U.O. e rivendendo l’assegnazione dei compiti sulla base delle esperienze acquisite
OSS in Area Critica
Fancendo seguito a quanto detto finora, possiamo affermare che l’OSS rappresenta una risorsa fondamentale nel processo assistenziale, in quanto figura di supporto al personale infermieristico.
Partendo dall’assunto che nel processo assistenziale l’infermiere e l’ostetrica, in base alla valutazione della complessità assistenziale, possono attribuire all’Operatore Socio Sanitario attività che rientrano nelle sue competenze (Silvestro at all 2009) è stato dimostrato che in contesti ad alta complessità assistenziale (esempio area critica), la presenza dell’OSS deve essere “minima” in quanto le attività assistenziale sono altamente specialistiche, per cui è preferibile avere in dotazione un alto numero di infermieri ed un basso numero di OSS.
Viceversa in contesti riabilitativi, oppure residenze sanitarie per anziani il rapporto cambia, quindi alto numero di OSS, basso numero di infermieri.
L’alternativa potrebbe essere rappresentata dall’istituzione di un piano formativo ad hoc, condiviso da tutti, ma sempre con la supervisone dell’infermiere, il quale, lo ricordiamo, è il responsabile dell’assistenza infermieristica.
 Autori*: Natascia Bandini, Marco Cecchi, Luciana Di Rienzo, Francesca Mauriello, Alessandro Pallotti, Muzio Stornelli
 *Studenti Master I° Livello in Infermieristica Forense e Governo Clinico, Università di Tor Vergata, Anno Accademico 2008-2006
BIBLIOGRAFIA:
° Benci L.  “ Rivista di diritto delle professioni sanitarie” N° 1-2-3  2003
° Calamandrei C., Orlando C.  “ La dirigenza infermieristica, manuale per la formazione dell’infermiere dirigente e del caposala” ed. Mac Graw –Hill, Milano 1998
° Di Giacomo P. “ L’infermiere e l’inserimento del personale di supporto nel processo assistenziale: opportunità e criticità” da NEU anno XXVI- N.° 1- gennaio/ febbraio 2002
° AA.VV. “ L’infermiere si avvale dell’opera del personale di supporto” Coordinamento Collegio IPASVI Regione Emilia Romagna, 1° edizione 2004
° Pagiusco G., Padovan M. “L’intergrazione con le figure di supporto, una sfida per l’infermiere” ed. Cortina, Padova 2002.
° Silvestro A., Maricchio R., Montanaro A., Molinar Min M., Rossetto P., “La complessità assistenziale” concettualizzazione, modello di analisi e metodologia applicativa. Mc Graw Hill Milano, 2009.
di Maurizio Stornelli (Areacritica.net)

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