Un “nuovo” medico e un “nuovo” infermiere
Gentile direttore,
il dibattito sulle competenze delle professioni sanitarie rischia di offuscare la necessità di ri-programmare, prima di tutto, i nuovi professionisti. Partiamo dai medici. È necessario ridisegnare la professione in una prospettiva che permetta di rileggere l’epidemiologia sociale e clinica, che sia in grado di identificare i campi propri della medicina e quelli cui essa deve dare un suo contributo e di ridefinire i confini dei luoghi specifici (e non) della medicina stessa. Il “nuovo medico” è determinante per un vero processo di riposizionamento delle altre (troppo numerose) professioni.
È irrimandabile quindi capire di quali attitudini, capacità e competenze sono portatori i medici. Dove acquisiscono la scienza e l’arte della medicina, qual è il processo per l’accreditamento professionale con standard basati sui risultati e come si valorizza il medico in quanto capitale umano.
Bisogna ristrutturare i paradigmi della responsabilità e delle carriere, spostandoli dall’area gestionale all’area professionale clinica. Rivedere le piattaforme contrattuali orientandole verso il merito certificato e le retribuzioni dei paesi europei ad uguale valore del Servizio Sanitario.
Il medico deve fare ricerca, promuovere una nuova cultura nello stile di vita dei cittadini, acquisire capacità per gestire comunità multiprofessionali, far proprie, in ambito formativo, attitudini pedagogiche, essere responsabile delle risorse tecniche e strumentali a disposizione.
Una magistratura interna deve orientare ad una medicina libera che tuteli il suo esercente e garantisca ai cittadini professionisti di certificata competenza e abilità.
Solo con questo approccio, per le altre professioni, la strada sarà meno ostacolata. Altrimenti rischiamo di incorrere in una battaglia quotidiana fra professioni, dove ciascuno, per sopravvivere, va a caccia di poteri esterni.
Per quanto riguarda gli infermieri, è indubbia la necessità di affermare la professione come Scienza e Arte.
A tal proposito dobbiamo rivedere il percorso formativo. Al posto di un tre più due e un master di secondo livello, ci vuole un percorso di cinque anni più due di specializzazione da svolgersi in aree ad alta complessità scientifica e relazionale. Per sviluppare la capacità di lavorare in équipe multidisciplinari, dobbiamo integrare gli ultimi anni del corso di Scienze Infermieristiche con quelli di Medicina.
Ci vuole un Dipartimento di Scienze Infermieristiche dove il nuovo infermiere possa apprendere la professione e imparare ad esercitarla con graduale responsabilità e certificate capacità e competenze. Una formazione che offra anche la possibilità di sperimentare l’attitudine al lavoro di gruppo e l’assunzione delle responsabilità nei confronti della comunità professionale e della popolazione.
Bisogna stabilire il numero e la qualità dei docenti (anche attingendo da altri paesi) e definire le competenze dei professori delle varie discipline, per non ripetere, in minos, lezioni di medicina.
Le sedi di apprendimento clinico/assistenziale devono essere accreditate di tutor ad elevata capacità pedagogica e professionale e bisogna investire nelle simulazioni per il lavoro multiprofessionale e interdisciplinare. Anche per gli infermieri è necessario rivedere la piattaforme contrattuale. Riconoscere il merito e una retribuzione economica adeguata alle responsabilità, ma anche puntare sui risultati nel lavoro di équipe, per rendere visibile quello che è l'apporto della scienza infermieristica al livello di salute dei cittadini.
E' chiedere troppo? Nei momenti di crisi, la società si scrolla di dosso polveri antiche e impegna energie per programmi innovativi a lungo termine, liberandosi di apparati costosi, qualunquismo nella formazione e pressapochismi per nuovi scenari in area salute dove tutto si deve velocemente innovare.
Fermo restando il rispetto della dignità della persona, il diritto ai servizi, alle cure e all’assistenza in risposta alle necessità (senza analisi preventiva del conto corrente e dello status sociale), ricordo anche che gli infermieri già si pagano tutta la formazione, anche quella che nessuno riconoscerà mai, pertanto non sarà un problema economico a frenare il nuovo infermiere ma interessi dentro e fuori questa professione non ancora riconosciuta come valore sociale imprescindibile per la comunità.
Per il nuovo Ministro è un’occasione per farsi portatrice di un’innovazione che guardi lontano. Senza rispondere ai richiami dei soliti apparati e personaggi ormai esauriti e costosi.
Il lavoro dei due tavoli tecnici, infermieri e tecnici di radiologia medica, è un documento utile ma necessita di un innovativo pensiero globale sulle professioni. In rapporto a come vogliamo tutelare la salute degli italiani e di quanti vivono nel nostro paese.
Danilo Massai
Presidente Collegio Ipasvi di Firenze
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