CONTROLLI ANTIDROGA AL PERSONALE SANITARIO | A cura di Lorenzo D’AMICO
“Ogni lavoratore deve
prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone
presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni
o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi
forniti dal datore di lavoro.”
Così recita l’art. 30
del d.lgs 81 del 9 aprile 2008 successivamente integrato dal d.lgs 106 del 3
agosto 2009, Testo Unico che va a rimpiazzare l’ormai obsoleto d.lgs 626 del
1994. Risulta esplicita la volontà del legislatore di tutelare, nel caso di
ambiente sanitario, sia l’incolumità del lavoratore sia quella dell’utenza. I
controlli sanitari periodici al personale delle Asl servono a questo, come
tutti quei controlli sugli aspetti psicologi nell’ambiente lavorativo, parliamo
di mobbing, burn-out ecc. per intenderci. Se da una parte il datore di lavoro
tutela i lavoratori, dall’altra esige una tutela propria nel caso di
controversie legali, per non parlare poi di scontri con l’opinione pubblica.
Detto questo, nessuno
impedisce al medico competente di sottoporre il dipendente a controlli
confermanti l’utilizzo di sostanze stupefacenti o l’abuso di alcool, controlli
che potrebbero anche essere effettuati a campione e “a sorpresa”, come è già
successo in alcuni ospedali in passato. I decreti prevedono accertamenti
antidroga a sorpresa una volta all’anno. In caso di positività il dipendente
viene sospeso e avviato verso percorsi di recupero e disintossicazione.
All’inizio i controlli erano stati proposti solo per medici, infermieri ed
ostetriche che avevano funzioni di assistenza diretta ai pazienti.
Successivamente, si pensava di estenderli anche ad altre figure (autisti delle
ambulanze, soccorritori 118 ecc.).
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