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L’INFERMIERE QUALE VITTIMA DELLO STRESS LAVORO-CORRELATO



Tutti i giorni ci imbattiamo nel web e non solo, in articoli che parlano dello stress lavoro-correlato e dell’influenza che questo può avere nella vita di determinate figure professionali anche al di là dell’orario lavorativo. Una delle figure professionali più a rischio è proprio la nostra, complice un ricambio generazionale nelle corsie ormai invisibile, l’appiattimento degli stipendi ormai uniformati al resto del Comparto Sanità, l’aumento delle responsabilità per molte volte associato ad un demansionamento, l’accumulo smisurato delle ore da recuperare e di ferie non godute nei tempi previsti colpa “esigenze di servizio” come le chiamano i dirigenti. A tutto questo, va aggiunto il fatto di essere turnisti, e che a differenza delle credenze popolari, il nostro lavoro notturno si accresce di responsabilità data la non sempre presenza del medico di guardia. Da valide ricerche risulta che durante la notte vi è per noi un sovraccarico lavorativo, in quanto i pazienti nelle ore buie vedono acuirsi lo stato di ansia e preoccupazione dovuti allo stato di salute e chiedono continuamente interventi assistenziali. Su un campione di 115 pazienti, ricoverati in quattro diversi reparti dell'Azienda ospedaliera-universitaria di Udine, controllati per dodici notti consecutive, è emerso che ciascun malato ha chiamato gli infermieri quattro volte, con un'incidenza del 42,4% tra le 21 e le 23, e che solo per il 3,1% dei casi era effettivamente necessario l'intervento del medico di guardia.
Tale ricerca dimostra chiaramente l'aumento del carico di lavoro per gli infermieri notturni, sia per la pressione psicologica dei ricoverati, sia per il numero esiguo di personale, sia per problemi puramente organizzativi con un aumento di stress lavoro-correlato, che si traduce dapprima nel rischio concreto di mancata assistenza al malato e poi di maggiori infortuni nella categoria ( in media gli infortuni che riguardano i lavoratori del settore sanitario sono maggiori del 30% rispetto ad altre categorie lavorative).
Riassumiamo quindi il concetto di stress  lavoro-correlato perché successivamente all’approvazione del Testo Unico 81 del 2008 (articolo 28) e al decreto correttivo 106 del 2009 la tematica è diventata sempre più protagonista nella Sicurezza sul Lavoro.

Lo stress lavoro correlato, secondo la definizione riportata all’articolo 3 dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 (recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008), consiste in una “condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro“.

Compito del datore di lavoro, “COMPRESE LE ASL E LE CLINICHE PRIVATE E SERVIZI SANITARI VARI”, dovrebbe esser quello di attuare adeguate misure di prevenzione e protezione, proprio per evitare determinate criticità quali l’aumento degli incidenti/infortuni, l’aumento dei costi per il crescente assenteismo, la riduzione della produttività e della qualità del lavoro, ed il calo della soddisfazione lavorativa dei dipendenti.

Riportiamo ora uno stralcio preso dal sito ufficiale dell’INAIL:

“… Come riportato nella nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di accompagnamento alle indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato, le linee di indirizzo che hanno guidato l’elaborazione delle stesse sono: a) "brevità e semplicità"; b) "individuazione di una metodologia applicabile ad ogni organizzazione di lavoro"; c) "applicazione di tale metodologia a gruppi di lavoratori esposti in maniera omogenea allo stress lavoro-correlato"; d) "individuazione di una metodologia di maggiore complessità rispetto alla prima, ma eventuale" da utilizzare nel caso in cui la conseguente azione correttiva non abbia abbattuto il rischio; e) "valorizzazione delle prerogative e delle facoltà dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei medici competenti"; f) "individuazione di un periodo transitorio per quanto di durata limitata per la programmazione e il completamento delle attività da parte dei soggetti obbligati".

Premessa indispensabile che la Commissione Consultiva opera è quella di precisare che "il documento indica un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo di valutazione del rischio da stress lavoro-correlato per tutti i datori di lavoro", sottolineando così che l’approccio per fasi alla valutazione (percorso metodologico) viene vincolato a prescrizioni solo minime (livello minimo) non precludendo, quindi, la possibilità di un percorso più articolato e basato sulle specifiche necessità e complessità delle aziende stesse.

Nelle indicazioni elaborate dalla Commissione Consultiva viene ribadito che la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato è "parte integrante della valutazione dei rischi" ed è effettuata dal Datore di Lavoro (obbligo non delegabile ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. a), in collaborazione con il RSPP ed il MC (art. 29, comma 1), previa consultazione del RLS/RLST (art. 29, comma 2); la data di decorrenza dell’obbligo, il 31 dicembre 2010, è da intendersi come "data di avvio delle attività di valutazione" la cui programmazione temporale e l’indicazione del termine "devono essere riportate nel documento di valutazione dei rischi" (DVR).

Viene altresì precisato che la valutazione va fatta prendendo in esame "non singoli ma gruppi omogenei di lavoratori esposti a rischi dello stesso tipo secondo una individuazione che ogni datore di lavoro può autonomamente effettuare in ragione della effettiva organizzazione aziendale" e che "le necessarie attività devono essere compiute con riferimento a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori, compresi dirigenti e preposti".

Valutazione preliminare

Consiste nella rilevazione di "indicatori di rischio da stress lavoro-correlato oggettivi e verificabili e ove possibile numericamente apprezzabili", a solo titolo esemplificativo individuati dalla Commissione Consultiva, appartenenti "quanto meno" a tre famiglie distinte: 1) eventi sentinella; 2) fattori di contenuto del lavoro; 3) fattori di contesto del lavoro.
Relativamente agli strumenti da utilizzare, in tale prima fase "possono essere utilizzate liste di controllo applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione".

Per quanto concerne il ruolo delle figure della prevenzione presenti in azienda, viene precisato che "in relazione alla valutazione dei fattori di contesto e di contenuto occorre sentire i lavoratori e/o il RLS/RLST. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile sentire un campione rappresentativo di lavoratori"; la modalità attraverso cui sentire i lavoratori è rimessa al datore di lavoro "anche in relazione alla metodologia di valutazione adottata". E’ proprio tale marcato coinvolgimento dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti che caratterizza e rende peculiare la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato rispetto a quella degli altri rischi che, al momento, si limita a prevedere solo una consultazione preliminare degli RLS.
Se la valutazione preliminare non rileva elementi di rischio da stress lavoro-correlato e, quindi, si conclude con un "esito negativo", tale risultato è riportato nel Documento di Valutazione del Rischio con la previsione, comunque, di un piano di monitoraggio.

Nel caso in cui la valutazione preliminare abbia un "esito positivo", cioè emergano elementi di rischio "tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, si procede alla pianificazione ed alla adozione degli opportuni interventi correttivi"; se questi ultimi si rilevano "inefficaci", si passa alla valutazione successiva, cosiddetta "valutazione approfondita".

Valutazione approfondita

Come in precedenza riportato, tale fase va intrapresa, come approfondimento, nel caso in cui nella fase precedente, a seguito dell'attività di monitoraggio, si rilevi l'inefficacia delle misure adottate e relativamente "ai gruppi omogenei di lavoratori rispetto ai quali sono state rilevate le problematiche". A tal fine, le indicazioni della Commissione Consultiva prevedono la "valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori sulle famiglie di fattori/indicatori" già oggetto di valutazione nella fase preliminare con la possibilità, per le aziende di maggiori dimensioni, del coinvolgimento di "un campione rappresentativo di lavoratori".

Gli strumenti indicati per la suddetta valutazione della percezione soggettiva sono individuati a titolo esemplificativo, tra "questionari, focus group, interviste semistrutturate", fermo restando che, per le imprese fino a 5 lavoratori, in sostituzione, il datore di lavoro "può scegliere di utilizzare modalità di valutazione (es. riunioni) che garantiscano il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia". …”

VEDI ANCHE:

- STRAINING LAVORATIVO

- GLI INFERMIERI ED IL BURNOUT

- INFERMIERI STRESSATI DAL MANCATO RICONOSCIMENTO PROFESSIONALE

- LO STRESS DEGLI INFERMIERI METTE A RISCHIO I PAZIENTI



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