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Infermieri - il nostro ruolo sociale non ci permette di smettere mai gli abiti professionali . Se sei Infermiere lo sei 24 ore al giorno

Genova  02/03/2014
Ieri l’ex Jugoslavia, oggi la Grecia e l’Ucraina, passando attraverso le crisi socio-economico-politiche della Irlanda, del Portogallo, della Spagna e dell’Italia. La “nostra vecchia cara Europa” rende la gente che la abita instabile, incerta e la fa vivere in un clima di preoccupazione e precarietà che nulla a che vedere con le aspettative attese, e mai raggiunte, proposte da politici di tutta Europa. Il benessere promesso dalla costituzione di una grande  e unica Europa, dall’immissione sul mercato della moneta unica, non ha trovato concretezza nelle teste e nelle tasche dei propri abitanti. In questi giorni stiamo vivendo l’approssimarsi continuo di notizie che provengono dalla Russia, dall’Ucraina e da alcune sue regioni come la Crimea. Comunicati di guerra, voci che rendono incerto il futuro di tutti noi, Infermieri compresi!
Cosa può fare, in Italia, la nostra categoria in questi frangenti, per poter scongiurare i “venti di guerra”? Praticamente nulla! Forse, però, una riflessione più profonda sul nostro ruolo sociale si! Il primo pensiero che ci, dovrebbe, venire in mente è quello della contestualizzazione della nostra situazione professionale, con il panorama sociale europeo.
Essere Infermieri significa portarsi dentro e addosso un abito mentale che  consente di valutare i fatti “del mondo” in maniera assolutamente integrale, minuziosa e  ”super partes” , con un particolare interesse per le persone in difficoltà e gli ultimi di turno, ieri le popolazioni balcane, oggi le genti ucraine. Il nostro codice deontologico ci rende responsabili di comportamenti mai lesivi della dignità altrui, e ci rende consapevoli che il nostro ruolo sociale non ci permette di smettere mai gli abiti professionali . Se sei Infermiere lo sei 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno e per tutta la vita!
Non sta a noi Infermieri esprimere pareri politici, anche perché giudicare realtà socio-politico, molto distanti dalla nostra, come quelle Ucraina e Russa, significa avere la presunzione di ri-portare la “vecchia Europa” al centro del mondo. Un “geocentrismo” socio-politico che saprebbe molto di supposta presunzione dominante, che dimostrerebbe, una volta di più, la nostra scarsa conoscenza delle radici altrui!
Si potrebbe obiettare che il nesso tra la nostra professione e la situazione politica europea non ha alcuna significato. Nulla di più sbagliato e frutto di un ragionamento superficiale.
Il nostro dovere etico, oggi come oggi, proprio nel rispetto delle difficili situazioni di alcuni popoli del nostro continente , ci impone comportamenti professionalmente estremamente corretti e mai superficiali. Si impone una ri-contestualizzazione del nostro mondo professionale. Troppo spesso ci perdiamo, indotti da una politica da cortile e da sindacati egoisti e poco lungimiranti, in beghe di bassa lega, che, sappiamo benissimo, servono, solamente, ad arricchire, se non il portafoglio, almeno il palmares di “oscuri ” soggetti che navigano il nostro mondo!
Il nostro attestato di laurea, il nostro voler considerare la nostra professione come un’arte ci obbliga a comportamenti degni di tali riconoscimenti reali ed attesi.
Per questo ci aspettiamo dai nostri vertici istituzionali, IPASVI, un richiamo, attraverso i corrispettivi ordini europei, alle radici del movimento che nel secondo dopo guerra hanno permesso il pensiero costituente l’Europa unita.
La crescita professionale, la fiducia dei cittadini nei nostri confronti  passa, anche, attraverso sommovimenti transnazionali che hanno come precipui interessi la pace, l’ordine sociale ed il benessere diffuso.
 

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